Non tutti sanno che Leonardo da Vinci eseguì diversi studi per una “Madonna del gatto”, opera che non fu mai realizzata, per quel che sappiamo. E anni dopo realizzò anche una serie di studi sui movimenti dei gatti, un vero campionario felino tra i fogli del genio.Tra la vasta mole di disegni che ci ha lasciato Leonardo da Vinci (Vinci, 1452 – Amboise, 1519) non ci sono soltanto studi sul corpo umano, complessi progetti ingegneristici o idee per macchine avveniristiche: una parte rilevante del corpus dei suoi disegni è infatti dedicata agli studi sugli animali, e tra questi non mancano neppure i gatti. Sappiamo infatti che il genio toscano aveva cominciato a lavorare a una Madonna del gatto, che stando a quel sappiamo non è mai divenuta un dipinto finito: le uniche tracce di questa singolare opera si trovano nei disegni che attestano lo studio di una composizione con la Madonna, il Bambino e un gatto stretto tra le braccia di Gesù. Il disegno probabilmente più antico è conservato in una collezione privata di New York e secondo Carmen C. Bambach, esperta di disegni di Leonardo da Vinci, sarebbe un’opera della seconda metà degli anni Settanta, in ragione dei connotati della Vergine e della posa di tre quarti, che denunciano ancora una forte dipendenza nei confronti dell’arte del Verrocchio, artista di cui Leonardo era stato allievo. Nel disegno, la Vergine tiene tra le braccia Gesù Bambino e lui, a sua volta, stringe a sé un gatto. Sono noti altri disegni in cui Leonardo compie esperimenti sulla stessa composizione: al Musée Bonnat di Bayonne, in Francia, ne troviamo uno in cui l’artista prova uno schema diverso (tracciando tre studi), con il gatto che si erge sulle zampe posteriori e appoggia quelle anteriori sul ginocchio sinistro della Vergine. Ancora più dettagliato è un foglio disegnato su entrambi i lati, e custodito al British Museum: sul recto, ovvero sul lato anteriore, lo schema è del tutto simile a quello del foglio di New York, mentre sul verso, il lato posteriore, torna il gatto spostato sulla destra e in piedi sulle zampe posteriori, come nel foglio di Bayonne.
Esiste poi un ulteriore disegno, risalente a un periodo attorno al 1478 secondo lo studioso Pietro Marani, conservato agli Uffizi: qui, l’idea di Leonardo sembra essere già arrivata a un punto piuttosto avanzato, almeno in apparenza, dal momento che la sua attenzione si focalizza soprattutto sulla figura del Bambino. In questo disegno, ha ben spiegato lo stesso Marani, Leonardo prende le mosse dalle Madonne del Verrocchio alla quale antepone “un Bambino, di grandi proporzioni, che, tentando di trattenere un gatto, si divincola pericolosamente al punto da sbilanciare tutto il gruppo verso destra”. Tuttavia, sottolinea Marani, “la Vergine inizialmente non sembra ben collegarsi a questo movimento e rimane statica osservatrice di quanto le sta letteralmente precipitando fuori del grembo, dato che il suo timido gesto di trattenere il Bambino, non sembra produrre nessun contrasto o reazione di forze, e nemmeno un’espressione conseguente. Il verso del disegno di Firenze si concentra infatti sul solo Bambino, ancora più infelice risultando il timido accenno al braccio della Vergine sotto (anziché sopra, come mostrato dal disegno al recto) la gamba destra del Bambino”. È curioso rilevare che nel foglio degli Uffizi, così come accadeva in quello del British Museum come notava Bambach, Leonardo ha tracciato il Bambino ricalcando quello sull’altra faccia del foglio, semplicemente esponendolo alla luce e tracciando poi con la matita il disegno.
Ancora, il British Museum conserva un foglio, disegnato sul recto e sul verso, dove si vedono schizzi per un bambino che gioca con un gatto sul lato posteriore, mentre sull’altra faccia del foglio ancora studi per una Madonna del gatto, e poi ancora un bambino con un gatto, e un gatto da solo. Sorprende la naturalezza delle pose: secondo Carmen C. Bambach si tratta, in questo caso, di studi tracciati dal vero, e occorre dunque immaginarsi Leonardo che, con il suo taccuino e la sua penna, stava seguendo un bambino che giocava con un gatto, prodigandosi dunque in un “modo molto moderno di disegnare”, ha notato la studiosa. Una sorta di brainstorm ante litteram con il quale l’artista non faceva altro che fissare le sue idee sui fogli.
Ci sono dunque diversi esperimenti di Leonardo sul tema della Madonna del gatto. Tuttavia, è difficile, se non impossibile, mettere in sequenza i vari fogli per cercare di capire cosa Leonardo da Vinci avesse in animo. Che cosa poteva avere ispirato l’artista? Opere in cui la Madonna e il Bambino compaiono assieme a un gatto nella pittura di fine Quattrocento sono molto rare, ma ci sono. A Vigevano, nella chiesa della Madonna della Neve, si conserva un affresco ancora non adeguatamente studiato in cui si vede il Bambino stringere tra le mani un animale: una consolidata tradizione locale vuole che la bestiola sia un gatto, e la fantasia degli abitanti s’è spesso spinta a suggerire l’idea (del tutto infondata) che l’opera, un tempo nella chiesa di Santa Maria dei Pesci (così chiamata in quanto si trovava vicino al mercato ittico della città, poi fu demolita), abbia addirittura ispirato Leonardo. Ci sono comunque dipinti dove l’animale è inequivocabilmente un gatto: vediamo il felino, per esempio, in una Madonna col Bambino attribuita a Giovanni Martino Spanzotti, conservata al Philadelphia Museum of Art, e databile al 1475 circa secondo il museo. Qui il gatto è raffigurato mentre cerca di insidiare il cardellino che Gesù Bambino tiene a sé con un sottile filo, un rimando alla Passione (la macchia rossa sul muso del cardellino è simbolo del sangue versato da Cristo sulla croce): con il gatto entra dunque in scena il demonio, che assume le sembianze dell’animale per tentare Gesù e, di conseguenza, tutta l’umanità, per cercare di farla cadere nel peccato.
Un altro gatto, probabilmente di poco posteriore rispetto ai disegni di Leonardo, è quello che osserviamo nella Madonna col Bambino e un gatto attribuita al Maestro della Pala Sforzesca o alla sua cerchia, e dove però l’iconografia è completamente diversa rispetto a quelle dei dipinti sopra menzionati: qui, infatti, il gatto viene tenuto al guinzaglio dal Bambino. E secondo il Walters Art Museum di Baltimora, l’istituto che conserva questo dipinto, il significato potrebbe essere addirittura opposto rispetto a quello della tavola attribuita a Spanzotti: poiché infatti il gatto cacciava serpenti e animali considerati dannosi per la casa, potrebbe addirittura essere considerato un “difensore del bene”, si legge nel catalogo del museo. Ma ci sono anche altre spiegazioni secondo il museo: il gatto potrebbe essere un riferimento a una leggenda popolare cristiana secondo cui una gatta partorì nello stesso momento in cui Maria diede alla luce Cristo. Ma potrebbe anche essere un emblema araldico della famiglia o della persona che ha commissionato l’opera. Il riferimento a questa leggenda popolare è anche quello che Carmen C. Bambach, nel catalogo della mostra Leonardo Da Vinci: Master Draftsman tenutasi nel 2003, chiama in causa per spiegare perché Leonardo si fosse cimentato col tema della Madonna del gatto: si tratterebbe così, più propriamente, di una Madonna della gatta (lo stesso soggetto che decenni più tardi Federico Barocci avrebbe scelto per uno dei suoi dipinti più famosi).
Il risultato più diretto degli studi di Leonardo sul tema a oggi sembra essere una tavola, conservata alla Pinacoteca di Brera di Milano e assegnata variamente ad artisti della cerchia di Leonardo (potrebbe trattarsi di Cesare da Sesto, oppure dello spagnolo Fernando Yañez), una Madonna col Bambino e l’agnellino: la composizione riprende in maniera fedele lo spunto tracciato da Leonardo sul foglio di New York, anche se al posto del gatto viene inserito un agnello, simbolo del sacrificio di Cristo. Eppure, le radiografie eseguite sul dipinto hanno dimostrato che in precedenza l’autore del dipinto aveva raffigurato proprio un gatto, prima di cambiare idea e di coprirlo con la figura dell’agnello. Ma anche a occhio nudo si può vedere che, tolto il muso, l’animale è raffigurato in una posa che è molto più tipica di un gatto che di un agnello (e poi, basta semplicemente osservare la coda, anch’essa identica a quella di un felino).
C’è poi un ulteriore prodotto di questo interesse di Leonardo per i gatti, ed è forse quello più famoso: un foglio conservato alla Royal Library di Windsor dove l’artista toscano ha studiato diverse pose del più comune dei felini. Leonardo riempie il foglio con una ventina di gatti colti in diversi atteggiamenti e stati d’animo. Ci sono gatti che giocano, gatti che lottano o che si affrontano, gatti spaventati, gatti che si guardano attorno sospettosi, gatti che si leccano, gatti sdraiati, gatti che stanno cacciando, gatti semplicemente fermi che guardano. Si tratta di un foglio che non ha niente a che vedere con gli studi sulla Madonna del gatto, anche perché di molti anni posteriore (secondo gli esperti lo si può assegnare a un periodo compreso tra il 1513 e il 1517, siamo quindi a una trentina d’anni di distanza rispetto ai fogli visti sopra): nell’angolo inferiore destro compaiono infatti alcune scritte (“del pieghamento” ed “esstendimento”) che rendono palese il fatto che Leonardo abbia qui realizzato disegni con il dichiarato obiettivo di studiare i movimenti dell’animale, il che “conferma fortemente la sua intenzione”, ha scritto Carmen C. Bambach, “di scrivere un trattato sui movimenti degli animali nei suoi ultimi anni”.
Bambach definisce “deliziosi” questi studi dei movimenti dei gatti: “il piccolo disegno di un gatto spaventato e ritto sulle zampe, con la schiena inarcata, il pelo ritto e la coda folta, vale da solo più di mille parole”. Non sappiamo se Leonardo abbia studiato dal vivo i suoi gatti, come sembrerebbe osservando l’immediatezza dei suoi schizzi, o di gran parte di essi. È probabile che alcune movenze siano state tracciate in presa diretta, mentre per alcuni disegni più rifiniti, spesso replicati, Leonardo si sia concesso più lunghe meditazioni. Da notare come nel foglio compaia anche un draghetto, nella parte bassa: lo studio degli animali reali serviva infatti anche per immaginare i movimenti degli animali di fantasia, e in questo caso il drago non è così dissimile rispetto ai tanti gatti che lo circondano.
Al di là della curiosità che questi disegni possono suscitare, si tratta comunque di opere fondamentali nel percorso di Leonardo da Vinci. Vale soprattutto per gli schizzi della Madonna del gatto, il cui ruolo è stato ulteriormente chiarito da Bambach in occasione della grande mostra su Leonardo da Vinci che si è tenuta nel 2015 a Milano, a Palazzo Reale. Questi disegni costituiscono infatti, ha scritto la studiosa, “il primo esempio che illustra in modo relativamente completo i metodi usati da Leonardo per elaborare una composizione. Questi schizzi sono eseguiti con una splendida spontaneità e offrono una miniera di idee compositive per la posa delle figure. La brillante padronanza dell’uso di penna, inchiostro e acquerello da parte del giovane artista è evidente nella vivacità dei contorni e delle linee di rinforzo delle figure in movimento, nonché nel modellato sommario, con tocchi di acquerello che suggeriscono la tridimensionalità delle forme”.
Non sappiamo per certo se Leonardo avesse in mente di tradurre in un dipinto finito i suoi spunti per una Madonna del gatto, o se si trattasse solamente di prove per studiare la disposizione delle figure in una composizione, o per cimentarsi con gli effetti chiaroscurali (si tenga conto che all’epoca Leonardo aveva poco più di vent’anni). Rimangono comunque tracce singolari e decisamente significative nel percorso di uno dei più grandi artisti di sempre.
Bibliografia di riferimento
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