Quando felinità fa rima con femminilità
«Sforzatevi di capire i gatti e capirete anche le donne»
Così recita un detto orientale difficile da contraddire…
Entrambi creature mutevoli, talvolta lunatiche, misteriose e affascinanti, donne e gatti sanno comunicare con lunghi silenzi e profondi sguardi quello che sentono. Sia il gatto che la donna sanno essere dolci, avere movenze aggraziate ed eleganti e al contempo, all’occorrenza, sanno sfoderare gli artigli. La scrittrice Colette diceva che donne e gatti si somigliano perché «entrambi possono essere costretti a fare solo ciò che vogliono fare». Nessun dubbio, quindi, sulla celebrata affinità dell’universo femminile con quello felino, entrambi associati a una duplice simbologia tra bene e male, tra luce e ombra, che sembra trascendere il tempo e lo spazio. Non poteva mancare il riferimento tra i due esseri anche nel cinema e nei fumetti, dall’indomabile Cat Woman all’ex fidanzata dell’uomo ragno, la bella Black Cat. Anche nell’immaginario collettivo da sempre la “gattara”, il personaggio che si occupa di dare da mangiare ai gatti randagi o che ha una particolare predilezione per loro, è una donna. Tra gli uomini sono gli artisti i più “gattofili”: i francesi Baudelaire e Verlaine hanno mirabilmente descritto il continuo fondersi di felinità e femminilità. «Quando a lungo carezzan le dita la testa e il tuo dorso elastico, (quello della gatta) pare di riconoscervi la donna amata». Le affinità sono esplicite: «Lo sguardo suo, come il tuo, dolce animale, acuto e freddo, come dardo strazia e uccide». Alcuni affermano che le donne vedono nel gatto un’incarnazione dei loro ideali: creature capaci di amare e stabilire forti legami, ma allo stesso tempo forti, libere e indipendenti, che non temono di esternare i propri sentimenti e non hanno bisogno di un capo. Nel libro Le Psy-cat, Odette Eylat sostiene che «il gatto è amato, ricercato o sfuggito proprio come l’analista che ricostruisce per noi l’interrotto cordone ombelicale con la Grande Madre Natura, l’infinito».