È vero che il gatto si nasconde per morire?
Dobbiamo dar credito alla classica affermazione dei cacciatori che, avendo scoperto un gatto selvatico gravemente ferito in una macchia folta, hanno sparso la leggenda secondo la quale il gatto si nasconderebbe per morire?
Per sostenere tale opinione, bisognerebbe anzitutto accordare ai gatti la possibilità di astrazione del concetto di morte, che gli animali ignorano. Ho visto morire troppi gatti, giovani o vecchi, per aver dubbi in proposito. Liberi di entrare o di uscire quando vogliono, i gatti che mi hanno fatto l’onore di considerarmi loro ospite si astengono talvolta dall’essere presenti all’ora dei pasti o del coprifuoco; tutte le volte però che uno di loro è stato sfiorato dalla morte, l’ho sempre visto tornare a casa, sulla vecchia poltrona, sul cuscino che preferiva o – più tristemente – tra le mie braccia. Tutti mi hanno lasciato con quella serenità, quella evidente accettazione, quella fiducia commovente che, di fronte alla nostra impotenza a ritardare l’istante supremo, lascia in noi tanti rimorsi e rimpianti.
Ho conosciuto soltanto una specie di gatti che si nascondono, si rintanano, quando non possono più né attaccare, né difendersi, né battersi: i gatti abbandonati.
Quelli si nascondono come tutti gli animali selvatici, perché non hanno più abbastanza forze, e soprattutto perché sanno che non possono – o che non possono più – contare sugli uomini. Gli altri, i gatti felici, muoiono senza timore e senza angoscia: quando davvero sentono di essere amati.
Se proviamo pena per un gatto moribondo che non capisce cosa gli sta succedendo, ricordiamoci che lui ha un enorme vantaggio rispetto a noi: non ha alcuna paura della morte, mentre invece è un timore che noi esseri umani dobbiamo portarci dietro tutta la vita…
Il materiale utilizzato per questo articolo è stato tratto Avere un gatto di Fernand Mery pubblicato dalla Rizzoli. e da “Capire il gatto” di Desmond Morris A. Mondadori Editore miacis