FIP – La peritonite infettiva felina

Peritonite infettiva felina (Feline infectious peritonitis )

La peritonite infettiva felina, PIF o FIP (Feline infectious peritonitis ) è una patologia che interessa la specie felina in genere, e sembrerebbe essere ad oggi, l’infezione che causa il maggior numero di decessi nei gatti . L’agente infettivo responsabile dell’eventuale sviluppo della FIP sembra essere il coronavirus felino FCoV, molto diffuso e normalmente innocuo nel senso che il gatto s’infetta, ospita FCoV per uno/due mesi, il sistema immunitario risponde ed il virus viene eliminato.
 
A parte l’esame istologico degli organi colpiti e l’esame autoptico (post-mortem), non esistono test in grado di confermare un sospetto clinico di FIP. In caso di sintomi sospetti è opportuno esaminare l’animale e la storia clinica (età, ambiente di provenienza, fenomeni stressanti, sintomi e decorso compatibili con FIP) nonché utilizzare un pannello di esami specifici.
 
Una percentuale superiore al 90% dei gatti ha avuto modo di ospitare FCoV, ma solo una percentuale non superiore al 15% sviluppa la FIP. Questo sembra essere dovuto alla risposta immunitaria non appropriata di alcuni soggetti, ed a causa di ciò l’innocuo FCoV muterebbe andando a provocare vasculiti negli organi del soggetto colpito. Le vasculiti provocano a loro volta versamenti addominali e pleurici o granulomi sulle sierose e negli organi parenchimatosi.
 
La FIP è quindi una vasculopatia (infiammazione dei vasi sanguigni) e non un’infiammazione del peritoneo. I sintomi che il gatto accuserà sono legati agli organi colpiti attraverso l’infiammazione dei vasi sanguigni che li irrorano.
 
La fascia di età interessata maggiormente da questa patologia è al momento fissata tra i tre mesi ed i cinque anni. Poiché una delle cause della mutazione del coronavirus sembra attribuibile ad un indebolimento del sistema immunitario, rientrano tra i soggetti a rischio anche i gatti anziani.
 
Per ovvie ragioni è sicuramente più diffusa laddove vi siano numerosi esemplari che convivono nello stesso ambiente o territorio, quindi colonie, allevamenti, pensioni. Il persiano sembra geneticamente predisposto ad esserne colpito (altrettanto vero che gli allevamenti di persiani sono assai più numerosi rispetto agli allevamenti di altre razze).
 
La FIP viene distinta nella forma effusiva (umida) o non effusiva (secca).
 
FIP effusiva (umida)
 
Questa è la forma più classica e diffusa della FIP. I vasi sanguigni sono compromessi al punto da far si che il fluido fuoriesca da essi invadendo così la cavità addominale o toracica. Nel caso in cui sia invasa la cavità addominale si avrà un rigonfiamento importante dell’addome della grandezza anche di un melone nei cuccioli, e di un pallone negli adulti (addome a botte). Nel caso invece in cui il versamento interessi il torace, il fluido riduce la capacità dei polmoni di espandersi ed il gatto manifesta gravi difficoltà respiratorie.
 
Oltre ad essere la forma più classica, è altresì la più veloce nel condurre alla morte il soggetto colpito (in genere non supera i due mesi dai primi sintomi).
 
FIP non effusiva (secca).
 
Questa forma implica sintomi clinici vaghi tra cui inappetenza rapido dimagrimento e compromissione della lucentezza del pelo. Può verificarsi ittero e patologie dell’occhio quali forme di uveite. Possono sopraggiungere altresì problemi neurologici quali atassia o epilessia o tremori del capo.
 

DIAGNOSI DELLA FIP, PROFILI DELLE FORME E CURA DELLA FIP

 
La FIP si sviluppa in modo ancora non chiaro, ragione per cui ad oggi non esistono test specifici per verificare o meno la positività di un gatto alla malattia; è possibile SOLO rilevare se il gatto è entrato in contatto con il virus FCoV, non se è affetto da FIP.
 
Trattandosi di una patologia non diagnosticabile se non post-mortem, è utile dirigersi innanzitutto verso altre possibili patologie ove i sintomi del malessere del proprio gatto possano condurre, e non fermarsi alla prima diagnosi di FIP eventualmente avanzata dal vostro veterinario, evitando nel contempo di sottoporre l’ammalato ad esami stressanti ed invasivi.
 
Gli esami da prendere in considerazione sono: l’esame emocromocitometrico, che evidenzia modica anemia e diminuzione dei linfociti, l’elettroforesi delle proteine, che evidenzia aumento di proteine totali, alfa e gamma globuline ed il dosaggio dell’ alfa1-glicoproteina acida (AGP), che aumenta.
 
Nella forma umida si può anche esaminare il versamento, che appare giallo e denso, ha un elevato peso specifico ed è ricco di proteine e alfa-globuline. L’esame citologico del versamento potrebbe rivelare un quadro infiammatorio in atto e può essere utile ricercare i FCoV all’interno dei macrofagi mediante immunofluorescenza o immunoistochimica
Nelle forme secche è invece altamente utile una diagnosi diretta delle lesioni su campioni d’organo (es. fegato o rene) raccolti mediante biopsia possibilmente corredata da immunoistochimica per FCoV positiva.
 
Per le modalità di diagnosi, il profilo della forma effusiva, il profilo della forma non effusiva, e l’attuale protocollo di cura della FIP, si rimanda al sito della Dr. Addie dell’Università di Glasgow (UK), la quale si occupa della ricerca sulla FIP sin dal 1987, e dal cui sito è stato tratta gran parte di questo articolo.
 
Il sito (in inglese) della Dott.ssa Addie è completo e soddisfacente, nonché di facile comprensione anche per un profano, e fornisce elementi utili alla comparazione degli esami di laboratorio, e non solo, ai fini di una diagnosi di sospetta FIP.
 

Importante

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