Per quanto riguarda un loro suono tipico, il miagolio, gli studiosi spiegano che questo viene utilizzato dai gatti selvatici appena nati per comunicare con la mamma. Una volta cresciuti, però, cesserebbero di usarlo come forma di comunicazione con gli altri esemplari. A continuare a miagolare anche da grandi sarebbero, invece, i gatti addomesticati che utilizzerebbero questo verso con gli umani, per attirare la loro attenzione. Ma c’è qualcosa di più: “Me ne sono accorta con i miei gatti – spiega dottoressa Suzanne Schötz Schötz, a capo dello studio – emettono suoni diversi quando sono tristi rispetto a quando sono allegri”.
Quando siamo in una stanza, riusciamo a capire se le persone nell’altra stanno litigando o avendo una conversazione piacevole: lo capiamo dal tono della voce, anche senza capire le parole. Gli studiosi svedesi sono convinti che anche il tono usato dai gatti sia interpretabile. “Sembra che i gatti – continua la linguista – riescano a cambiare l’intonazione o la melodia della loro voce in maniera cosciente, forse per mandare un determinato messaggio oppure per comunicare una specifica emozione”. Basandosi sugli aneddoti raccolti dai padroni, gli studiosi hanno ipotizzato anche che le intonazioni possano essere diverse a seconda del luogo, proprio come accade per i dialetti parlati dagli umani. “Capire tutto ciò potrebbe essere un modo per avvicinarci ancora di più a loro, capire i loro bisogni e soddisfarli”, spiega uno degli studiosi del team, Robert Eklund.
Ecco alcuni suoni interpretati dai ricercatori:
Le fusa: “Quando il gatto è contento, affamato, stressato, prova dolore, sta partorendo o morendo”
Grugnito, a bocca chiusa: “Usato durante l’approccio amichevole o durante il gioco”
Gemito (bocca aperta alternata a bocca chiusa, prolungato): “Quando il gatto affronta situazioni pericolose o di sofferenza”
Suono simile al pianto di un bambino: “Spesso emesso durante la stagione dell’accoppiamento”
fonte – www.huffingtonpost.it
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