Questo è quanto risulta dagli studi di John Bradshaw, biologo e docente di zooantropologia dell’università di Bristol presso la facoltà di Medicina Veterinaria, riportato nel suo nuovo libro “Cat Sense”. Nonostante l’addomesticamento di questa specie sia iniziato più di 5000 anni fa, il professor Bradshaw afferma che, sostanzialmente, i gatti sono ancora animali selvatici. Per quanto siano numerosi gli esemplari che vivono nelle abitazioni, la maggior parte di questi felini è in realtà allo stato selvaggio e, pertanto, il loro comportamento è rimasto quasi invariato nei secoli.
A differenza, ad esempio, dei cani, i gatti non possono essere considerati propriamente degli animali sociali. Le loro norme comportamentali sono quelle tipiche della condizione naturale e non hanno, a tutt’oggi, imparato ad usare un linguaggio differente per rapportarsi alle altre specie. Per questo diventa importante comprendere il significato delle pratiche di condotta che tendono ad utilizzare tra loro.
Un atteggiamento tipico del felino è quello di strusciarsi contro altri gatti che non ritengono pericolosi e che conoscono già da tempo. Lo stesso comportamento si può riscontrare tra i gatti domestici nei confronti dei propri umani o di altri umani con cui siano entrati in confidenza. Questo dato dimostra che, essendo uguale il modo di comportarsi, i gatti considerano gli umani dei propri simili.
Il biologo, inoltre, precisa che quando il gatto porta la coda verso l’alto significa che sta facendo un cenno di saluto. Con questo gesto i gatti dimostrano un attestato di stima anche agli uomini e, con tutta probabilità, la più esplicita forma d’affetto. In definitiva, il professor Bradshaw ha scientificamente dimostrato che per i gatti gli umani sono dei simili innocui a cui potersi affezionare.
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