I gatti domestici sono sempre più stressati. E la ragione potrebbe essere un errato accudimento da parte dei proprietari, inclini a trattarli come se fossero dei simpatici cani: è quanto sostiene John Bradshaw, direttore dell’Istituto di Antozoologia dell’Università di Bristol. Che fare, allora, per riportare il mio alla calma?
Sempre più persone, evidentemente, confondono la necessità dei felini con quelle della controparte canina. Negli ultimi tempi, ad esempio, non è raro incontrare proprietari a passeggio con il gatto al guinzaglio, forse traditi anche dal marketing e dalla presenza di troppi accessori per Fufy. Una simile condizione, così come tutte le altre che hanno poco a fare con l’indole dei felini, è vissuta come un sopruso dal micio.
Secondo l’esperto, il problema nascerebbe da una scarsa informazione. A differenza dei cani, il percorso di addomesticamento dei gatti è relativamente recente, almeno in termini di millenni. Bisognerebbe quindi considerare l’animale come “per metà selvaggio”, sostiene il ricercatore, non ovviamente nel senso letterale del termine ma come essere vivente molto indipendente e spesso insofferente alla presenza umana.
Le persone pensano che il gatto sia un cane dalle ridotte esigenze. Sono egualmente interessanti, a mio avviso, ed equamente di compagnia, ma hanno i loro modi di vita. I cani erano socievoli prima di essere addomesticati, quindi li abbiamo accuditi per far capire loro cosa avremmo desiderato facessero. Per i gatti, invece, tutto quello che abbiamo voluto è che mantenessero le case e le fattorie libere da topi e ratti. È solo in tempi recenti che abbiamo richiesto loro dei compiti differenti.
Un primo aspetto di forte stress è quello della convivenza. Mentre il cane, anche quando di carattere introverso, riesce comunque a condividere spazi con i consimili sviluppando il concetto di branco, il gatto tende sempre a essere solitario. Per questo, inserire nuovi esemplari in un ambiente o costringere una convivenza forzata tra due mici che non si sopportano può essere deleterio. Così come spiega Bradshaw, i gatti possono sì vivere nello stesso edificio, ma non è detto che condividano lo stesso spazio: per loro la territorialità è imprescindibile. A dimostrazione di questo fatto, anche la sempre più alta frequenza di patologie come la dermatite e la cistite, due malattie che nei gatti hanno spesso una forte componente psicologica.
Una simile condizione si verifica quando il proprietario richiede troppe attenzioni, ad esempio con la volontà di coccolare il micio a ogni ora o forzando la fase di gioco. A differenza del cane, sempre pronto a riportare una pallina, il gatto percepirà l’interruzione delle sue attività come sgradevole invadenza:
I gatti hanno altro per la testa. Sono impegnati a pensare al gatto del vicino o a controllare gli uccellini fuori dalla finestra. I proprietari rimangono delusi e pensano: “il gatto non mi ama”. Ma la verità è che i gatti amano davvero i loro proprietari, ma hanno anche una loro vita indipendente.
Infine, la questione addestramento ed educazione: i felini non vedono l’insegnamento a ricompensa – la tipica crocchetta che si consegna a Fido quando compie una buona azione – come un fattore interessante. Di conseguenza, più si cerca di addestrare il gatto con questo metodo, maggiore il livello di stress che si andrà a generare.
La maggior parte dei gatti non trova gratificante l’attenzione umana, quindi non ci si può basare su affetto e approvazione per addestrarli.
Che fare, allora? Innanzitutto, arrendersi al fatto di come il micio sia un animale sostanzialmente diverso dal cane, quindi non si comporterà nello stesso modo. Sarà quindi necessario rispettarne i tempi e gli spazi, magari provvedendo a zone ad hoc della casa, quindi rinunciare a tutti quei gadget in realtà dannosi. In altre parole, lasciare il guinzaglio esclusivamente a Fido.
Fonte: GREENStyle
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