Gertrude è vissuta nel 600 d.C. in Belgio. Alla morte di suo padre, Pipino (antenato di Carlo Magno), la madre, Itta, fondò un monastero benedettino doppio con un’ala maschile e una femminile, sottoposto all’autorità della badessa.
La prima badessa fu la stessa Itta, alla quale successe Gertrude.
Gertrude diede un nuovo fervore culturale al monastero: fece arrivare da Roma numerosi manoscritti e chiamò dall’Irlanda molti monaci dotti. Pare che ad un certo punto abbia lasciato la carica di badessa per dedicarsi allo studio e alla contemplazione.
Questa figura così nuova di donna si trovò presto circondata dall’aureola di “Santa”. Infatti, le si attribuiscono apparizioni, rivelazioni, prodigi…
Tra i “prodigi” sicuramente quello più rilevante fu il riuscire a far riappacificare i signori locali, suggellando i successi con buon un vino della Mosella, che il popolo ribattezzò in suo onore con un fantasioso: “filtro di Santa Gertrude”, miracoloso rimedio contro la guerra e l’odio.
Ma veniamo ora alla questione che più ci riguarda da vicino: i gatti!
Secondo quanto racconta la leggenda, la Santa teneva diversi felini nel suo monastero, anche perché li utilizzava come cacciatori di topi. Proprio per queste loro speciali abilità i mici venivano curati più che amorevolmente. Infatti, in quasi tutte le raffigurazioni più antiche, viene dipinta con un grosso gatto in braccio.
Quando Gertrude morì – a soli 33 anni! – e fu venerata come una santa da subito. Il suo corpo venne deposto in una cappella che poi diventerà una basilica, che sarà ingrandita, abbattuta e ricostruita nel corso del tempo. I suoi resti, poi, saranno raccolti in un prezioso reliquiario del XIII secolo, che, purtroppo sarà distrutto da un bombardamento nel 1940.
La santa patrona dei gatti è festeggiata il 17 marzo.
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