Il gatto sta pazientemente attendendo che l’uomo impari a comportarsi secondo le ”sue” esigenze
Teneri e batuffolosi strappano promesse d’amore eterno al primo ”ron ron”. Acciambellati sul divano, ci snobbano sonnecchiando e noi sorridiamo: che calore trovarlo qui. Poi sornioni ci attendono sullo scaffale più alto della libreria, pronti a tenderci un agguato da cardiopalma. E noi a scegliere per loro pappe e croccantini da gourmet, rispettando rigorosamente gusti e tabelle di marcia. Quanto sono adorabili i gatti. Quanto li amiamo e quanto loro amano noi! Ma siamo proprio sicuri sia così?
I gatti da invitati diventano invasori. E si scopre che già da qualche anno sono molto gli studiosi concentrati sulla questione: perché amiamo tanto i gatti? Le ipotesi sono tante, qualcuna anche sconcertante: si va da antiche credenze che si perdono nei secoli a ricerche scientifiche su un batterio silente che dai gatti si anniderebbe nel nostro cervello, condizionandoci. Quello che colpisce e che tutti sappiamo oramai, è che non siano i gatti selvatici ad essere stati addomesticati dall’uomo. Ma, al contrario, che siano gli uomini a essere stati scelti dal gatto, nonostante tutte le loro imperfezioni (l’uomo fa rumore, pretende di giocare, chiede affetto continuamente, limita spazi e movimenti, spesso sceglie mobili inadatti per la ginnastica quotidiana e ha il pessimo vizio di portarsi dietro altri simili). Un processo ancora tutto in atto, in cui il vero re della casa sta pazientemente attendendo che l’uomo impari a comportarsi secondo le ”sue” esigenze e intanto conquista il mondo.
E se una risata vi scoppia al solo pensiero, sedete sul divano, proprio lì, accanto a quello che era il vostro posto preferito e che ora è il ”suo”. Oppure provate a tardare l’ora della pappa o del risposino. Cambiate posto a qualunque oggetto nella ”vostra” casa o il gusto delle sue scatolette. Provate ad alzare il volume della tv o a invitare qualcuno a cena. E quando incrocerete il ”suo” sguardo, consapevoli di ciò che sta per accadere, provate a domandarvi: c’è forse un qualunque altro essere al quale permettereste tanto?