Pushkin era assurto alla celebrità durante il viaggio apostolico di Benedetto XVI nel Regno Unito, dal 16 al 19 settembre 2010. Ratzinger, notoriamente amante dei gatti, mentre era in visita all’Oratorio di Birmingham, attirato dall’insistente miagolio del micio portato in braccio da uno degli Oratoriani presenti, aveva voluto farne direttamente conoscenza: lo aveva accarezzato, omaggiandolo di parole affettuose, mentre il felino, agghindato di un nastro color giallo e bianco vaticano, aveva subito assunto un atteggiamento di rispettoso silenzio. Le foto dell’incontro avevano fatto il giro di tv e tabloid. Da allora Pushkin era stato raggiunto da lettere di numerosissimi fan e suoi consimili, come i gatti del convento carmelitano di Wolverhampton, che avevano voluto “presentarsi” a lui e con cui era nato un simpatico scambio.
Il Catholic Herald, autorevole settimanale cattolico britannico, ha dedicato al gatto defunto un ricordo elegiaco e sorridente, ricordando che la sua intesa con Benedetto XVI derivava anche dal fatto che entrambi erano personalità di riconosciuta cultura: Pushkin non solo era un frequentatore assiduo degli archivi degli Oratoriani, assistendo i confratelli durante le loro ricerche sulle carte del beato John Henry Newman, ma aveva anche pubblicato un libro di successo: «Pushkin, il micio pontificio. Memorie di un gatto oratoriano», con la prefazione di una sua ammiratrice della Casa Reale inglese, la principessa Michael di Kent.
Il rapporto tra gatti e Oratoriani ha radici antiche: del fondatore della Congregazione dell’Oratorio, san Filippo Neri, si dice infatti che avesse un gatto caro a tal punto dal poterlo con sé, in un cestino, durante le processioni.
Fonte: Avvenire
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