La storia di una micia, di nome Trilli, ricoverata in degenza nel mio ambulatorio [Libri]
Il libro racconta la storia di una micia, di nome Trilli, ricoverata in
degenza nel mio ambulatorio per diverse settimane poiché aveva subìto
un brutto incidente. Questo libro raccoglie le ipotetiche riflessioni che la
mente di un gatto ha potuto elaborare; è la visione del mondo da parte di
un essere vivente che nel suo misterioso modo di osservare la realtà ci
regala lezioni di vita e perle di saggezza. All’inizio racconterà un po’ di
sé, dell’incidente che ha subito, dei danni fisici e della perdita di parte
della memoria. Nel corso di questo lungo periodo trascorso in degenza,
Trilli ha avuto l’opportunità di conoscere tanti quattro zampe; con alcuni
l’empatia è stata immediata, con altri un po’ meno. Come per tutti gli
animali, il suo linguaggio verbale non mi era comprensibile, bastava
però osservare i suoi occhi e l’atteggiamento del suo corpo, per capire
che lei rifletteva e meditava le situazioni particolari che ogni giorno
accadevano in sala degenza. Trilli racconterà che è stata sistemata al
terzo piano di una spaziosa gabbia da dove riesce a dominare tutto, del
rapporto molto bello con i veterinari che l’accudiscono, e dei vari
incontri in sala degenza. Svelerà che cane e gatto si comprendono
abbastanza bene pur non parlando la stessa lingua. E’ come se un
italiano conversasse con uno spagnolo. Il senso di una frase lo si
capisce, è abbastanza intuitivo; quindi delle chiacchierate e riflessioni,
come ad esempio quello con una cagna da caccia, con una gatta
randagia, un cane guida per non vedenti, tre gattini abbandonati, un
gatto da esposizione, una gatta che “lavorava” in un circo, oppure con
un micio con problemi comportamentali e altri ancora. I 6 veterinari che
lavorano nell’ambulatorio dove è stata ricoverata, lei li identifica così:
quello dalle braccia forti, quello con il tatuaggio, il dottore dalla mano
leggera, con gli occhiali, la cravatta e la dottoressa, che Trilli
riconosce
ancora prima di vederla perché uno dei suoi zoccoli, mentre cammina,
emette una specie di squittio, che la veterinaria probabilmente non sente
nemmeno.