Dopo essersi lamentate a distanza ravvicinata, quando vi sedete la gatta vi salta in braccio, e si mette a ronfare intensamente, trasformando la richiesta di attenzione e di ausilio dal miagolio lamentoso alle fusa suonate a perdifiato.
Ricordo una mia gatta di tanti anni fa, che una bella notte, contrariamente alle sue abitudini, salì sul letto, mi svegliò ronfando e spingendo la testa contro la mia spalla, e una decina di minuti dopo mi scodellò il primo di tre gattini quasi sul guanciale, mentre io continuavo ad accarezzarla. La trasferii in un bel cestino tappezzato d’ovatta, dove gli altri due micini vennero alla luce, ma la gatta, guardandomi con occhi supplichevoli, sembrò pregarmi per tutto il tempo di non andare via, di restare lì, buono buono, a tenerle compagnia. Questo comportamento è da considerarsi, dal punto dell’etologia della specie, completamente nuovo. In natura, difatti, le gatte, quando è giunto il momento di metter al mondo i loro piccoli … si nascondono in un ricovero possibilmente inespugnabile e partoriscono in completa solitudine. E allora? Beh, si tratta, probabilmente, di un adattamento recentissimo delle micie determinato dal nuovo rapporto che si è instaurato con l’uomo, un rapporto fondato sull’affetto e la reciproca confidenza. A chi chiedere aiuto se non a un amico!
(Giorgio Celli – Etologia di un’amicizia)
Powered by WPtouch Mobile Suite for WordPress