Siamo vittime della volontà dei gatti? Oppure si può trovare un compromesso ?

Fonte : Io e il mio animale (D.ssa Sonia Campa, etologa)

Non mi stancherò mai di ripetere che pensare di educare un gatto impartendo comandi o decidendo per lui cosa può fare e cosa no, è come pretendere di cavalcare un unicorno. Non che i gatti non siano in grado di capire, tutt’altro. I gatti sono molto abili a leggere le nostre intenzioni dalla nostra postura, dalle nostre espressioni facciali, dal modo in cui ci comportiamo nei loro confronti. Il punto è che, per ragioni che si perdono nei millenni della sua evoluzione, il gatto imposta con l’uomo un rapporto totalmente paritario e ritiene di essere degno di fare le proprie scelte nel mondo, in prima persona.

È un libero pensatore e si aspetta che coloro che lo circondano abbiano una loro vita, che lui possa fare la sua e che, ogni tanto, ci si ritrovi per passare dei momenti insieme di svago e di piacere. Un umano che lo riprende appena salta sul tavolo, appena salta sul letto, appena osa fare qualcosa di ritenuto inaccettabile, a lungo andare diventa un antagonista, cioè una persona con cui competere – aggirandolo con dei sotterfugi o facendo ricorso a minacce e comportamenti aggressivi, se necessario – pur di ottenere quel che, da testa libera e pensante, vuole.

Ma allora non esistono vie di incontro? Siamo vittime della volontà dei gatti?

Certo che esistono vie di incontro ma bisogna usare la testa. I gatti sono animali straordinariamente intelligenti, capaci di fotografare ambienti e persone e farsi un’idea chiara di cosa succede nel mondo attorno a loro. Sono in grado di assumere i nostri stili di vita, di imparare dalle nostre abitudini e di partecipare con armonia e delicatezza alla vita familiare. Nel farlo, ovviamente, esprimono una percezione felina della realtà, cioè pur vivendo accanto a noi vedono “da gatto”, pensano “da gatto” e quindi fanno cose “da gatto”.

Ciò a cui realmente bisogna rinunciare è l’idea di vivere con un gatto snaturandolo, pretendendo che non esprima il tipico comportamento dei gatti perché a noi non sta bene: se i comportamenti che a noi non stanno bene fanno parte del normale comportamento del gatto, non ci saranno comandi che terranno. È possibile dare regole, o meglio abitudini, che ci mettono a nostro agio nella convivenza comune. Ma è condizione imprescindibile che queste abitudini abbiano un senso anche per il punto di vista felino. Non possono essere decisioni unilaterali altrimenti il gatto le considererà imposizioni arbitrarie e farà di tutto per sovvertirle.

Comprendere e accettare il comportamento dei gatti

Così per esempio, è inutile sgridare un gatto se va a spiluccare nella ciotola del suo convivente, per i gatti è normale scambiarsi i punti di alimentazione. Se questo è un problema, meglio farli mangiare in stanze separate anziché sbraitare o appostarsi stile cecchini alle loro spalle per controllarli e stressarli. Allo stesso modo, è uno spreco di energie domandarsi perché nessun gatto usi la cassetta a lui assegnata: nella testa dei gatti le cassette non vengono assegnate ma si scelgono, ogni santa volta, sulla base di mille parametri (la posizione, la pulizia, la sabbietta, ecc.).

il principio vale per tutte le specie con cui entriamo in contatto: la convivenza è fatta di conoscenza reciproca e di compromessi che possono essere richiesti e realizzati solo se resta intatto il rispetto della natura e la dignità di tutti. Del resto, mai scordare che la decisione di adottare un gatto è nostra ed è nostra la responsabilità di accogliere e facilitare il più possibile, tenendo sempre a mente – ed imparando ad accettare – che il gatto è per natura poco incline a farsi condizionare l’esistenza.

Fonte : Io e il mio animale (D.ssa Sonia Campa, etologa)

 

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