Andare da Rivarolo a Bolzaneto può essere un’impresa degna di un cavaliere della tavola rotonda se il Lancillotto in questione non è un guerriero, ma un gatto randagio. Rosso, in salute e soprattutto innamorato, il felino vagabondo ha percorso quattro chilometri tra strade, marciapiedi, ruote di bus e di automobili, semafori rossi e verdi. Tutto per raggiungere la sua Ginevra, una gatta dalla quale era stato diviso.
La storia dei due gatti, ribattezzati con i nomi dei due celebri personaggi del ciclo di re Artù, ha dell’incredibile. Tutto ha inizio a Rivarolo: i due sono inseparabili, gatti di strada ma accuditi amorevolmente dalla gente del quartiere. Ma, qualche settimana fa, la gatta si ammala: gli abitanti si allarmano e chiamano l’Enpa, l’ente di protezione animali che interviene. La micia randagia è magrissima, ha una brutta malattia e rischia la vita, così si decide di portarla a Bolzaneto, in un centro veterinario specializzato. Qui viene curata, accudita e a poco a poco si riprende, anche se la malattia che ha contratto impone cure continue.
Passano le giornate e le settimane (circa tre). Poi, un bel giorno, fuori dal laboratorio si sente miagolare. E’ proprio lui Lancilotto il micio rosso di Rivarolo. I due gatti si riconoscono e tra mille fusa lasciano tutti a bocca aperta.
E così i due mici, ormai inseparabili , vengono dati in affidamento ma con un vincolo ben preciso: chi li adotta si deve impegnare a non separarli. Alla fine tocca a Carlo Pedemonte un impiegato di Torriglia accettare la richiesta : «Che cosa dovevo fare? di fronte a una storia d’amore come questa, non potevo che fare la mia parte».
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