Costanza Rizzacasa d’Orsogna, giornalista del «Corriere della Sera», ha scritto un libro edito da Guanda sulla storia del suo gatto: «Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare».
Qui sotto l’autrice anticipa per i lettori di «Vanity Fair» quello che troverete nel suo libro.
È iniziata così la mia storia con Milo, un gattino tutto nero trovato da mio fratello in un’aiuola del centro di Milano cinque anni e mezzo fa. O meglio, è stato Milo a farsi trovare, catapultandosi proprio sui suoi piedi in una sera di temporale, e strillando per attirarne l’attenzione. Era già un terremoto allora, e così tenace. Determinato ad essere salvato, e così fu. Poco dopo, al primo vaccino, scoprii che Milo aveva un problema. Una sindrome del sistema nervoso chiamata ipoplasia cerebellare, che lo costringe a camminare a zig zag. Milo non sa saltare, inciampa su se stesso e cade mille volte al giorno. Due volte, cercando di scendere dal letto, ha rotto un dente.
È stato forse per questo, come sfogo in un momento difficile della nostra vita insieme, che ho iniziato a raccontare sui social la storia di Milo, postando anche i suoi video, molto buffi, che oggi fanno migliaia di visualizzazioni. Milo che cade dentro il piatto, che cerca di acciuffare un moscerino ma ricade all’indietro. Milo che insegue un punto luminoso, parte degli esercizi che facciamo per migliorare la sua agilità. E poiché Milo si feriva in continuazione, e se uscivo di casa aveva delle crisi convulsive, per i suoi primi tre anni non l’ho lasciato un giorno, sacrificando anche il lavoro. Finché ho capito che rischiavo di far del male a entrambi, che i figli, anche quelli pelosi, bisogna lasciarli andare e se si rompono, pazienza, si riattaccano. Ho capito che Milo aveva tanta voglia di natura, che non potendo saltare sul davanzale o andare sul terrazzo come tutti gli altri gatti, in casa si sentiva prigioniero.
Così ho provato a scrivere una favola, una storia d’integrazione sulla disabilità e il diverso, il nero .. Il resto dell’articolo su vanityfair.it
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